“Contro la guerra” o “per la pace”?

Cosa ne penserebbe Rupert Sheldrake in base alla sua teoria dei campi morfici e morfogenetici

Negli anni ’70, il biologo inglese Rupert Sheldrake elaborò la teoria detta dei “campi morfici” (e morfogenetici, per quanto riguarda i comportamenti della natura), secondo cui esistono regioni d’influenza nel continuum spazio-tempo, che organizzano tutti i sistemi esistenti, ordinando ciò che altrimenti non avrebbe ordine. 

In base alla sua teoria (della quale ci avvaliamo anche durante il Corso di II livello di Reiki Usui), quando pensiamo a qualcosa, creiamo – se siamo i primi a pensarla – o ci agganciamo a uno di questi campi morfici, che si rinforza al crescere del numero di persone che ne sono attratte.

Un paio di esempi 

Edward L. Bernays, nipote di Freud nonché celeberrimo uomo di marketing del secondo scorso, riuscì a far tornare di moda il velluto, su richiesta delle aziende produttrici americane, che ne avevano visto le vendite colare a picco. Con un abile battage pubblicitario, facendo indossare capi in velluto dai notabili Europei (perché, allora, la moda si faceva solo in Europa), Bernays riuscì a risvegliare l’amore per il morbido tessuto anche in America, dando forza al campo morfico di chi già lo prediligeva. Nel suo libro “Propaganda, come manipolare l’opinione pubblica” (1928, Shake Edizioni, con ristampe successive), l’autore spiega esattamente ogni sua mossa, senza sapere di aver agito come avrebbe spiegato Sheldrake, alcuni decenni dopo.

In tempi più recenti, pensiamo alla FIAT 500: quando uscì, nel 1957, ebbe un clamoroso successo di pubblico (che creò subito un campo morfico “col botto”) e, solo quando la casa automobilistica la ripropose con lo stesso design, ammodernandolo, l’auto fu di nuovo graditissima sul mercato. Tentativi simili, con uno stile completamente diverso, non ebbero successo. Il campo morfico era già lì: bastava solo dargli un po’ di benzina (mi si perdoni il calembour…).

Ogni volta che pensiamo a qualcosa, ci connettiamo con un campo morfico e lo facciamo crescere.

E più un campo è grande, più è facile agganciarvisi.

Di campi morfici ce ne sono miliardi e comprendono anche quello della pace e quello della guerra

In questo periodo storico, nel quale le guerre sono a ogni angolo, è ovvio che quest’ultimo campo sia saturo e che attiri sempre più persone nel suo vortice. Sentendone parlare ovunque, dalla TV ai social fino ai discorsi origliati per strada, è normale che i pensieri della gente tornino sull’argomento più e più volte al giorno, con il risultato di creare ansia, disagio e persino depressione.

Conclusioni

Se vogliamo davvero avere un peso in quello che succede intorno a noi, assecondando la teoria di Sheldrake (visto che non ci costa nulla), al posto di essere sopraffatti da pensieri di guerra, bisognerebbe concentrarsi sulla pace e ingigantire quel campo a dismisura, in modo che sempre più persone possano agganciarvisi. 

Quindi, al posto di fare marce per il riarmo, per la creazione di eserciti o contro la guerra, sarebbe meglio – se vogliamo manifestare – farlo per la pace. Non si tratta di trite teorie New Age o di pensiero positivo: si tratta di cercare di fare la propria parte, tenendo alte le vibrazioni personali. 

Perché, se le nostre vibrazioni sono alte, così arrivano e sono percepite al di fuori di noi, e così agiscono su chi ci sta intorno!

E poi… tentar non nuoce!

Se vuoi approfondire la teoria dei campi morfici e morfogenetici, il libro di riferimento è “La presenza del passato” di R. Sheldrake (1988, Edizioni Crisalide, qui, in un’edizione del 2011).

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